Vivere con i genitori a lungo, una tendenza tutta italiana

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Vivere con i genitori a lungo, una tendenza tutta italiana

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Opinione comune, nel nostro paese, da parte della generazione dei Baby boomers e di quella successiva denominata “generazione X” è l’identificazione dei giovani italiani come scansafatiche, mammoni, bamboccioni, ragazzi pigri e viziati che vivono a oltranza ancorati alle spalle dei propri genitori. Ma è davvero così? 

Dai dati forniti da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, effettivamente l’età media in cui un giovane italiano va a vivere autonomamente è di 26 anni, età altissima se paragonata a quelle dei paesi del nord Europa che sono inferiori ai 22 anni e comunque una delle più alte del nostro continente. 

Se la media europea, nella stessa fascia di età è del 28,5%, addirittura il 49,3% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni vivono ancora con i genitori e se consideriamo l’età tra i 18 e i 34 anni si arriva al 66%, di cui il 72,7% maschi. 

Quest’ultimo dato ci fa comprendere come le ragazze siano più indipendenti e meno abituate alla pappa pronta e analizzando i valori di Eurostat relativi allo scorso decennio si può osservare come il gap tra i sessi sia aumentato a dismisura. Il dato ancora più preoccupante è quello relativo alla fascia di età 30-44 anni, in quanto di essi ben 2,7 milioni persone vivono ancora con i propri familiari, stima inquietante che testimonia come nel nostro paese ci sia un problema ostico da affrontare. 

Anche tra coloro che spiccano il volo, il 4,2% torna a vivere con i genitori in un secondo momento, la motivazione principale in questo caso è la separazione e il conseguente divorzio e il 60,6% di essi sono uomini. Scelta o necessità?

 Quali sono le motivazioni principali per cui i ragazzi italiani rimangono a vivere con mamma e papà così a lungo? La pigrizia e la viziatagine sono davvero le responsabili? 

Sempre secondo Eurostat, in Italia solo il 19,4% di coloro che vivono con i genitori lo fanno esclusivamente per scelta, non mancando, infatti, la disponibilità economica, sono loro i cosiddetti mammoni; viene quindi messo in evidenza come il restante 80,6% sia vittima, da parte delle generazioni precedenti e più in grande della stampa italiana, troppo spesso ingiustamente critica nei confronti delle nuove leve, di un banale stereotipo; d’altronde è più facile dare la colpa al giovane indifeso, già frustrato di suo per dover vivere in condizioni precarie a causa di egoistici atteggiamenti dei suoi predecessori nel passato, che prendersela con i veri responsabili: la classe politica italiana attuale e del secolo scorso, composta per lo più da showman con deliri di onnipotenza.

Le principali 3 motivazioni di questa tardiva autonomia e indipendenza giovanile rispetto a gran parte degli altri paesi europei e in particolare del nord Europa sono: 

1. Scarsa indipendenza economica: a causa di condizioni lavorative precarie e mancanza di contratti lavorativi creati ad hoc per i giovani (lavoro a tempo determinato, flessibile, salario basso, tirocini non pagati, lavori in cui è richiesta molta esperienza); dell’alto tasso di disoccupazione e di un sistema di istruzione scolastico e universitario molto teorico e poco pragmatico, perciò molto distante dal mondo lavorativo e con un percorso troppo lungo che porta i ragazzi a diplomarsi, se in corso regolare, in un paese dove c’è un alto tasso di dispersione scolastica e bocciature, a 18-19 anni e a laurearsi, nel migliore dei casi, a 23-24 anni. 

2. La cultura: a differenza dei paesi del nord e del centro Europa, il nostro Stato ha nella famiglia un valore unico, quasi sacro; se i genitori di un ragazzino svedese spronano il figlio ad andare a vivere autonomamente il prima possibile, tendenzialmente i genitori italiani sono i primi a separarsi a malincuore dai loro figli, specie le mamme e specie se meridionali, non venendo di fatto incentivato il trasloco. Ciò dipende anche dal fatto che in media economicamente le famiglie italiane sono più ricche di quelle dei paesi nordici, tuttavia questo discorso non si può applicare ai paesi del centro Europa, in media i coetanei francesi e tedeschi vanno a vivere da soli a 22 anni. 

3. Scarsità di case con parametri corrispondenti alla loro situazione economica e professionale: case tendenzialmente antiquate e da ristrutturare o troppo grandi. Come si può migliorare la situazione? Una nota di merito va data al governo Draghi che l’anno scorso ha approvato il decreto Sostegni Bis, il quale fornisce aiuti economici nell’acquisto della prima casa per chi ha meno di 36 anni avente un Isee inferiore ai 40 mila euro l’annui; esso vale dal 24 giugno 2021 al 30 giugno 2022 e permette ai giovani che fanno domanda per un mutuo di usufruire di una garanzia pubblica dell’80%, oltre a vedersi cancellate le imposte di registro, ipotecarie e catastali. 

Una sola riforma però non basta, la situazione è critica e quasi sicuramente l’età media si alzerà ancora, cosa si potrebbe fare: 

1. Incoraggiare il lavoro giovanile, creando contratti appositi per studenti e ragazzi senza esperienza, nei quali vengano definiti con chiarezza gli obiettivi e che siano occasioni di crescita professionale e non di semplice sfruttamento. 

2. Rinnovare il sistema di istruzione scolastico, universitario e professionalizzante: modernizzando i programmi di studio; aumentando il numero di corsi scolastici secondari di secondo grado tecnici e professionali e di specializzazione post-diploma e di facoltà universitarie, avvicinandoli alle richieste lavorative della società attuale; abbassando l’età della scuola dell’obbligo; accorciando il percorso di almeno un anno per le scuole e riducendo il numero di esami per tutte le facoltà universitarie; aumentando le ore di alternanza scuola-lavoro alle superiori e di tirocinio all’università; promuovendo maggiormente il progetto Erasmus e aggiungendo o aumentando ore di laboratorio didattico ove possibile. 

3. Incrementare nel territorio l’offerta di case con parametri ideali per i giovani, grande carenza nel nostro Paese. Al giovane italiano ormai conviene emigrare, l'Italia non è un paese per giovani, purtroppo..

 

Redazione: Gruppo Studio Aurora © Riproduzione riservata

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